La lotta dei lavoratori delle acciaierie di Terni contro la decisione della Thyssen Krupp di licenziare 550 lavoratori è ormai giunta al 30° giorno di sciopero.
La lotta dei lavoratori delle acciaierie di Terni contro la decisione della Thyssen Krupp di licenziare 550 lavoratori è ormai giunta al 30° giorno di sciopero.
Inoltre viene effettuato un presidio permanente giorno e notte davanti ai cancelli della fabbrica,blocchi stradali,blocco della stazione ferroviaria di Terni e manifestazioni a Roma di cui l’episodio centrale è stato quello davanti al MI.S.E nel quale i lavoratori hanno subito un’inaudita aggressione poliziesca con tanto di manganellate.
Questo episodio ha colpito l’opinione pubblica a livello nazionale che replica per altro l’analoga aggressione della polizia dello scorso anno a Terni (episodio di cui è rimasto vittima anche il Sindaco di Terni) sta a dimostrare che non si è trattato come lo si vorrebbe far credere di un increscioso incidente,ma della presenza di un corso politico reazionario che pone la violenza poliziesca a difesa dello sfruttamento e dei licenziamenti contro i lavoratori e gli stessi sindacati.
La cittadinanza è quotidianamente stretta intorno ai lavoratori in lotta e questa solidarietà ha dato vita ad una manifestazione a Terni senza precedenti di circa ventimila persone.
Tutto avviene in un contesto in cui si alternano iniziative istituzionali,incontri a vari livelli,tavoli negoziali,promesse e contrattacchi padronali e provocazioni con cui la multinazionale con incredibile arroganza intende andare avanti per la sua strada;con una strategia che punta a depotenziare la capacità di lotta dei lavoratori,dividendoli per settori e con offerta di incentivi.
Mentre scriviamo sembra riaperto il tavolo delle trattative,dove si gioca una partita molto delicata. L’obiettivo della multinazionale è quello di far passare comunque un numero di esuberi minore rispetto ai 550 dichiarati,quello che probabilmente si era proposto,alzando la posta iniziale,in modo tale da farla poi passare come un parziale risultato positivo della lotte.
Sembra di essere ritornati a dieci anni fa quando fu deciso lo smantellamento della produzione dell’acciaio magnetico.
Il rischio quindi allora è quello di un accorducolo come dieci fa con cui fu subita la dismissione di quel settore; accordo quello che ha lasciata aperta la strada a ulteriori smembramenti,come stanno a dimostrare le attuali vicende,verso la prospettiva nefasta della chiusura definitiva delle Acciaierie. Verso cioè una catastrofe economica e sociale del territorio umbro.
I lavoratori non devono lasciarsi fregare come precedentemente avvenuto e per questo la loro lotta non deve rimanere isolata ma deve innescare una mobilitazione a livello nazionale del movimento operaio con una radicalità di massa di segno uguale e contrario all’attacco padronale e governativo.
Lo sciopero del 12 dicembre proclamato dalla CGIL ha un valore simbolico e di pressione sul governo, ma non è la risposta adeguata. C’è bisogno di uno sciopero generale vero e prolungato legato all’occupazione di tutte le fabbriche che licenziano. Proprio l’occupazione delle acciaierie ternane ne costituirebbe l’innesco.
La prospettiva dell’occupazione delle fabbriche era stata avanzata dallo stesso
Landini poco prima della manifestazione del 17 ottobre; il quale però si è rimangiato tutto ignorando questa scelta proprio davanti ai cancelli delle Acciaierie nell’incontro avuto con gli operai qualche settimana fa.
Per quanto ci riguarda, il nostro impegno si esprime con una solidarietà senza condizioni ma cercando di colmare i vuoti progettuali presenti in questa vertenza. Le parole d’ ordine che abbiamo fatto circolare tra i lavoratori sono quelle dell’occupazione della fabbrica e della rinazionalizzazione senza indennizzo del comparto siderurgico italiano svenduto per scellerate politiche di privatizzazione selvaggia in nome di una visione apologetica e salvifica del capitalismo e del libero mercato.
PCL Terni
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