BREVE SINTESI STORICA DELLA QUARTA INTERNAZIONALE
Dal Programma di Transizione del 1938 alla necessita' della rifondazione della Quarta Internazionale
La fondazione della Quarta Internazionale
Il 3 settembre 1938 a Perigny, nei pressi di Parigi, in condizioni di clandestinità si è tenuta la Conferenza di fondazione della Quarta Internazionale. Erano presenti ventidue delegati in rappresentanza di dodici paesi: Stati Uniti d’America, Francia, Gran Bretagna, Germania, Unione Sovietica, Italia, Brasile, Polonia, Belgio, Austria, Paesi Bassi, Grecia. Altre sezioni menzionate nei verbali: Canada, Spagna, Svizzera, Cecoslovacchia, Romania, Cuba, Repubblica Dominicana, Argentina, Bolivia, Uruguay, Cina, Indocina. La sezione più numerosa era quella statunitense, con circa 1000 militanti1, le altre raggruppano da poche decine ad alcune centinaia di militanti.
La situazione era caratterizzata nel contempo dalla debolezza delle sezioni e dall’imminenza della guerra mondiale, pertanto richiedeva una scelta estremamente difficile, per questo la convocazione della Conferenza era stata preceduta da una intensa discussione. James Cannon, della sezione statunitense, nella discussione si pronunciò a favore della proclamazione di una nuova Internazionale, lo stesso fece Lev Trotsky.
Nella circolare di convocazione della Conferenza, firmata dalla Segreteria internazionale, venne richiamata l’eccezionalità della situazione mondiale: la guerra imminente e gli avvenimenti rivoluzionari che ad essa sarebbero seguiti. Proprio per questo si poneva la necessità che la Conferenza unificasse e consolidasse sulla base di un programma e di una politica “coloro che, nel mondo intero, si battono per il programma bolscevico della Quarta Internazionale, costruiscano, consolidano e allarghino la loro organizzazione internazionale, applicando su scala internazionale il centralismo democratico”. Si trattava di una decisione storica che sola poteva assicurare la trasmissione, di fronte agli assassini dei rivoluzionari perpetrati in tutto il mondo dagli stalinisti e dai fascisti, dell’eredità del bolscevismo e dirigere domani le masse insorte contro l’imperialismo e lo stalinismo. La conferenza approvò a maggioranza la costituzione della Quarta Internazionale, diciannove delegati votarono a favore, tre delegati, un francese e due polacchi, votarono contro. Un dissenso motivato da parte dei polacchi dalla fase reazionaria, pur condividendo il programma redatto da Trotsky.
La Conferenza approva due documenti, il Manifesto ai lavoratori del mondo e il Programma di transizione2.
Il Manifesto iniziava con queste parole: “Lavoratori, sfruttati e popoli coloniali di tutto il mondo! La Conferenza di fondazione della IV Internazionale – il Partito mondiale della rivoluzione socialista – riunitasi nel settembre 1938, vi lancia questo urgente appello nel momento in cui il maggior pericolo minaccia le masse di tutto il mondo (...). Siamo posti dinanzi agli orrori di una nuova guerra imperialista mondiale...”. Un appello che teneva conto del fatto che “la burocrazia reazionaria ha stabilito in Urss un regime totalitario odioso (...). I partiti che si pretendono comunisti non sono nient’altro che delle agenzie assoldate da questo regime totalitario, il cui solo fine mondiale è il mantenimento dello status quo imperialistico”. L’urgenza teneva conto da un lato della lezione della Prima guerra mondiale, quando il solo partito bolscevico aveva portato sulle spalle i compiti di una internazionale rivoluzionaria creata troppo tardi e dall’altro lato dei venti anni di sconfitte del movimento operaio mondiale che avevano evidenziato la natura controrivoluzionaria delle direzioni anarchiche, centriste e staliniste.
“Il significato del programma -dirà Trotsky nel 19383- è il senso del partito. Il partito rappresenta l’avanguardia della classe operaia. Il partito è composto da una selezione degli elementi più coscienti, più avanzati, più devoti, e il partito può svolgere un ruolo politico e storico importante senza rapporto diretto con la sua forza numerica. Può essere un partito piccolo e svolgere un grande ruolo. (….) Ora che cos’è il partito? In che cosa consiste la sua coesione? Questa coesione è una comune comprensione degli avvenimenti, dei compiti, e questa comprensione comune è il programma del partito (….). Il progetto di programma non è un programma completo (…). L’inizio del programma non è completo. Il primo capitolo è solo un suggerimento e non un’espressione completa. Anche la fine del programma non è completo, dato che non vi parliamo della rivoluzione sociale, della presa del potere attraverso l’insurrezione, della trasformazione della società capitalista in dittatura e della dittatura in società socialista. Tutto ciò non porta che il lettore al ciglio della porta. E’ un programma d’azione da oggi fino all’inizio della rivoluzione socialista (….) D’altra parte, il progetto non ha un capitolo sulla rivoluzione, la dittatura del proletariato, e la costruzione della società dopo la rivoluzione. Vi è sviluppato solo il periodo di transizione”.
Questa lunga citazione di un’intervista di Trotsky ci permette di addentrarci nei diversi capitoli del Programma di transizione, cogliendone il senso profondo che non è separabile dalle elaborazioni programmatiche precedenti: dal Manifesto del partito comunista, i primi quattro congressi della Terza Internazionale, fino alla battaglia dell'Opposizione di sinistra contro lo stalinismo.
Il Programma di transizione4 già nelle prime righe sottolinea le “premesse oggettive della rivoluzione socialista”: la crisi economica riacutizzatasi proprio nel 1938 evidenziava come la grande depressione del 1929-1932 non fosse stata superata; la crisi politica ed istituzionale dei regimi capitalistici si manifestava con il fatto che “i governi -tanto quelli democratici come quelli fascisti- passano da una bancarotta all’altra. La politica di New Deal negli Stati Uniti –al pari della politica di Fronte popolare in Francia- non risolve minimamente l’impasse economica”; la crisi delle relazioni internazionali subiva in quell’anno un’accelerazione, “gli antagonismi imperialistici hanno raggiunto il limite al di là del quale a conflitti settoriali e esplosioni sanguinose locali devono sfociare inevitabilmente in una conflagrazione di portata mondiale”. Quindi le condizioni oggettive per la rivoluzione proletaria e per il socialismo apparivano mature, anzi senza il socialismo una “catastrofe minaccia la civiltà umana. Tutto dipende dal proletariato, cioè fondamentalmente dalla sua avanguardia rivoluzionaria. La crisi storica dell’umanità si riduce alla crisi della direzione rivoluzionaria”. Da qui l’urgenza della costruzione dell’Internazionale rivoluzionaria e delle sue sezioni nazionali in tutto il mondo. D’altronde, come descritto nel capitolo successivo “il proletariato e la sua direzione”, i partiti socialdemocratici, staliniani, anarchici e centristi, come il Poum, avevano impedito la trasformazione della situazione pre-rivoluzionaria in rivoluzionaria attraverso la politica di collaborazione di classe dei Fronti popolari. Questo è successo nel corso della rivoluzione spagnola, così come durante le mobilitazioni rivoluzionarie del proletariato francese.
Lo stalinismo aveva tradito la rivoluzione e evidenziato la sua natura controrivoluzionaria, la IV Internazionale veniva fondata proprio per avviare a soluzione la crisi di direzione del proletariato.
Nel capitolo “programma minimo e programma transitorio” viene affrontato il tema pratico “di aiutare le masse a trovare, nel processo della loro lotta quotidiana, il ponte tra le rivendicazioni attuali e il programma della rivoluzione socialista. Questo ponte deve consistere in un sistema di rivendicazioni transitorie che partono dalle condizioni attuali e dal livello di coscienza attuale di larghi strati della classe operaia e portino invariabilmente a una sola conclusione: la conquista del potere da parte del proletariato”. Quindi senza rinunciare alle rivendicazioni immediate (il vecchio programma minimo) necessitavano rivendicazioni transitorie “dirette sempre più apertamente e decisamente contro le basi stesse del regime borghese”. Di fronte al carovita e l’inflazione crescente la richiesta della “scala mobile dei salari”, contro la disoccupazione la richiesta della “scala mobile delle ore di lavoro”. In questa lotta implacabile contro il nemico di classe i lavoratori hanno bisogno di organizzazioni di massa, in primo luogo dei sindacati, come evidenziato nel capitolo “i sindacati nell’epoca di transizione”, ma al loro interno è necessario lottare contro i tentativi della burocrazia sindacale di sottomere i sindacati allo Stato borghese e al padronato. I sindacati si caratterizzano per la tendenza ad organizzare tutta la classe, ma difficilmente raggiungono questo obiettivo, infatti solo nei periodi di straordinario slancio la maggioranza del movimento operaio è coinvolta nella lotta, è questo il momento di “creare organizzazioni specifiche che comprendano tutta la massa in lotta: i comitati di sciopero, i comitati di fabbrica, e infine i soviet”. Il testo non manca di criticare “l’autoisolamento” al di fuori dei sindacati di massa, così come “ogni feticismo dei sindacati”, tipico sia dei trade-unionisti che degli anarco-sindacalisti. Il sindacato non è fine a se stesso, ma solo uno degli strumenti nella marcia verso la rivoluzione proletaria.
Le rivendicazioni immediate e transitorie non possono limitarsi al salario e all’orario ma devono porsi l’obiettivo dell’abolizione del “segreto commerciale” (dal livello aziendale, al trust, alle banche, fino all’economia nazionale) e del “controllo operaio”; “l’espropriazione dei gruppi capitalistici, l’espropriazione delle banche private e la statalizzazione del sistema del credito”. Nel capitolo “i picchetti di sciopero, i distaccamenti di combattimento, la milizia operaia, l’armamento del proletariato”, viene riaffermata la concezione marxista dello Stato borghese e la necessità della sua distruzione, in questo senso il testo riprende la definizione data da Engels dello Stato quale “distaccamenti di uomini armati”. Pertanto in ogni sciopero e dimostrazione è necessario “diffondere l’idea della necessità di distaccamenti operai di autodifesa”, questi nel corso della lotta devono essere unificati “per quartiere, per città, per regioni”.
Il capitolo “l’alleanza tra operai e contadini”, dopo aver precisato che l’operaio agricolo è nelle campagne l’altra componente che assieme all'operaio dell'industria forma il proletariato, affronta il tema dell’alleanza con i contadini, la piccola borghesia delle campagne. In generale il proletariato non propone un’alleanza alla classe media in generale, ma agli strati sfruttati della città e della campagna. Qui il compito politico del proletariato è quello “di far penetrare la lotta di classe nelle campagne: solo così potrà stabilire una linea divisoria tra i suoi alleati e i suoi nemici”. Il metodo è l’elaborazione di rivendicazioni transitorie e relativi organismi di lotta: “comitati di sorveglianza dei prezzi” costituiti da operai e contadini. Mentre “il programma di nazionalizzazione della terra e di collettivizzazione dell’agricoltura deve essere costruito in modo da escludere radicalmente l’idea dell’espropriazione dei piccoli contadini o della loro collettivizzazione forzata”.
Alla fine degli anni ’30 del secolo scorso la vita politica dei vari Paesi era condizionata dal pericolo di guerra mondiale, la politica della IV Internazionale di fronte alla guerra era stata espressa negli anni precedenti e viene ripresa in un apposito capitolo del programma “la lotta contro l’imperialismo e contro la guerra”. Qui dopo aver constatato come lo stalinismo abbia raggiunto la socialdemocrazia nel tradimento sciovinista, si sottolinea come “la prossima guerra, sarà fondamentalmente una guerra imperialista. Il contenuto sostanziale della politica del proletariato internazionale sarà di conseguenza la lotta contro l’imperialismo e la sua guerra. Il principio fondamentale di questa lotta sarà: il nemico principale si trova nel nostro Paese oppure la disfatta del nostro governo (imperialista) è il male minore”. Ma non tutti i paesi capitalisti sono imperialisti, pertanto la Quarta Internazionale nella guerra tra un paese imperialista e un paese coloniale o semicoloniale, oppure di fronte all'aggressione ad uno Stato operaio, seppur degenerato come l’Urss, si schiera dalla parte di questi ultimi, ma non si dichiara solidale con i loro governi.
Nel capitolo relativo alla parola d’ordine del “governo operaio e contadino” viene richiamato l’uso che ne è stato fatto dal Partito bolscevico, in senso antiborghese e anticapitalista, durante la rivoluzione del 1917. A quella tradizione si richiama la IV Internazionale: nel capitolo “i soviet” viene ricordato che questi “possono nascere solo quando il movimento delle masse entra in una fase apertamente rivoluzionaria (....) il dualismo di potere è il punto culminante del periodo di transizione..”, dall’esito della collusione tra proletariato e borghesia dipendono le sorti della società, solo in caso di vittoria nello scontro rivoluzionario ci sarà il “potere dei soviet, cioè la dittatura del proletariato”.
Nel capitolo “I paesi arretrati e il programma di rivendicazioni transitorie” si affronta il tema della rivoluzione socialista nei paesi coloniali e semicoloniali.
Questi Paesi “vivono in un mondo dominato dall’imperialismo. Perciò il loro sviluppo ha un carattere combinato: unisce insieme le forme economiche più primitive e l’ultima parola della tecnica e della cultura capitalista. E’ questo che determina la politica del proletariato nei Paesi arretrati: è costretto a combinare la lotta per gli obiettivi più elementari di indipendenza nazionale e di democrazia borghese con la lotta socialista contro l’imperialismo mondiale”. Da qui l’articolazione delle rivendicazioni per la rivoluzione agraria, l’indipendenza nazionale, l’assemblea costituente sapendo che solo “gli operai possono stimolare e unire i contadini. Sulla base del programma democratico rivoluzionario, bisogna contrapporre gli operai alla borghesia nazionale. A un certo stadio della mobilitazione delle masse sulla base delle parole d’ordine della democrazia rivoluzionaria, possono e devono sorgere i soviet (...), i soviet devono rovesciare la democrazia borghese. Solo essi sono in grado di portare a termine la rivoluzione democratica e di inaugurare così l’era della rivoluzione socialista”. Pertanto se l’articolazione delle parole d’ordine, democratiche e transitorie, e il loro nesso specifico dipende dalla situazione concreta e specifica, la linea generale dello sviluppo è dato dalla formula della “rivoluzione permanente5”.
Nel capitolo “il programma di rivendicazioni transitorie nei paesi fascisti” viene affrontato il tema della natura del fascismo, quale strumento del capitale finanziario, e precisato che le rivendicazioni democratiche “(libertà di associazione, di stampa, ecc) sono parole d’ordine temporanee o episodiche (...) Non appena il movimento acquisterà in qualche modo un carattere di massa, le parole d’ordine democratiche si allacceranno a parole d’ordine transitorie”. In questa prospettiva la politica stalinista del Fronte Popolare, una politica di collaborazione di classe con la borghesia liberale, è una delle “più nefaste (...). Nella misura che avesse un qualche successo non farebbe che preparare una serie di sconfitte del proletariato”.
Nel capitolo “l’Urss e i compiti dell’epoca di transizione” l’apparato statuale diretto da Stalin è descritto come “completamente degenerato”, esso si è trasformato “da strumento della classe operaia in strumento di violenza burocratica contro la classe operaia e sempre più in strumento di sabotaggio dell’economia (...)”. La burocrazia stalinista ha assunto la forma di una “casta privilegiata”. Il regime stalinista “racchiude in sé contraddizioni minacciose, ma continua ad essere uno stato operaio degenerato. Questa è la diagnosi sociale. Il pronostico politico ha un carattere alternativo: o la burocrazia, divenendo sempre più l’organo della borghesia mondiale nello Stato operaio, distrugge le nuove forme di proprietà e respinge il Paese nel capitalismo, o la classe operaia schiaccia la burocrazia e si apre una via verso il socialismo”. Anche in Urss i bolscevico-leninisti devono armarsi di un programma di rivendicazioni transitorie a partire dalla “lotta contro la disuguaglianza sociale e l’oppressione politica (...). La lotta per la libertà dei sindacati e dei comitati di fabbrica, per la libertà di riunione e di stampa, si trasformerà in lotta per la rinascita e lo sviluppo della democrazia sovietica. Ma la democratizzazione dei soviet è inconcepibile senza la legalizzazione dei partiti sovietici”. Per realizzare questo programma è necessario organizzare l’insurrezione delle masse sovietiche e spazzare via la burocrazia stalinista e reazionaria, un compito che il Programma di transizione affida al “Partito della IV Internazionale” e alla sua sezione sovietica.
Gli ultimi capitoli: “contro l’opportunismo e il revisionismo senza principi e contro il settarismo” tracciano una linea divisoria della Quarta Internazionale rispetto alle diverse tendenze presenti nel movimento operaio (anarcosindacaliste, centriste, staliniste, socialdemocratiche) mentre il documento termina con l’appello ad aprire le porte “ai giovani e alle donne lavoratrici, sotto la bandiera della IV Internazionale”.
Gli anni della guerra
Gli anni della guerra furono particolarmente difficili per la Quarta Internazionale, la sede del Segretariato Internazionale venne trasferita negli Stati Uniti d’America e i contatti con le diverse sezioni nazionali divennero particolarmente difficili.
Il 23 agosto 1939 Ribbentrop e Molotov, rispettivamente per la Germania nazista e per l’Urss di Stalin, firmarono a Mosca “un patto di non aggressione” e un “Protocollo segreto”. Il primo settembre i nazisti entrarono in Polonia dando inizio alla Seconda guerra mondiale, il 17 settembre l’esercito di Stalin invase la Polonia orientale, in questo modo si consumava la spartizione della Polonia6.
Subito dopo l’invasione della Polonia da parte dell’Urss, Shachtman e Burnham del Socialist Workers Party, la sezione statunitense della IV Internazionale, chiesero che l’Internazionale cambiasse posizione sulla questione dell’Urss. In realtà la questione investiva non solo la questione russa, ma la struttura e le funzioni del partito leninista e la stessa dialettica materialista. Iniziava nella sezione statunitense una dura lotta di frazione che indebolì il SWP proprio alla vigilia della guerra mondiale.
La minoranza statunitense di Shachtman negava il carattere operaio degenerato dell’Urss, considerata ormai imperialista, e negava pertanto la difesa dell’Urss di fronte all’attacco imperialista, inoltre si opponeva al centralismo democratico. Il 25 settembre 1939 Trotsky scrive “L’Urss e la guerra”7 dove formula la previsione che la burocrazia sovietica avrebbe potuto essere costretta a liquidare le borghesie dei territori da essa occupati ed annessi, abolendo la proprietà privata e nazionalizzando tutti i mezzi di produzione, “non perché la burocrazia resta fedele al programma socialista ma perché non è né desiderosa né capace di dividere potere e privilegi con la vecchia classe dominante” 8. In una intervista, del 4 ottobre 1939 sul New York Times, precisa che “questa non è una rivoluzione fatta dalle masse, ma una riforma amministrativa per estendere il regime sovietico in nuovi territori. Domani nelle regioni liberate, il Cremlino schiaccerà senza pietà gli operai e i contadini per sottometterli alla burocrazia autoritaria”. Solo se la burocrazia stalinista accettasse nei territori occupati la proprietà privata dei mezzi di produzione, ci sarebbe motivo di rivedere il giudizio formulato sull’Urss. Trotsky intravide nelle posizioni della minoranza del SWP la pressione dell’opinione pubblica democratica statunitense sulla componente piccolo borghese del partito e assieme a James Cannon condusse la battaglia nel SWP per riaffermare la validità del metodo marxista nelle analisi dei processi mondiali e la concezione leninista del partito. La minoranza non solo abbandonerà il partito ma anche il marxismo.
Nel maggio 1940 a New York si tenne la Conferenza di allarme della Quarta Internazionale. La Conferenza si riuniva durante una congiuntura internazionale caratterizzata dall’avanzata dell’esercito tedesco in Europa, ormai alle porte di Parigi, dopo aver travolto la Polonia, la Cecoslovacchia, la Norvegia, la Danimarca, l’Olanda e il Belgio. La Conferenza, a cui parteciparono delegati degli Usa, Spagna, Belgio e Canada, adottò il manifesto “La guerra imperialista e la rivoluzione proletaria mondiale9”, scritto da Trotsky, di orientamento per tutte le sezioni, ed elesse un nuovo Comitato esecutivo internazionale composto da Lev Trotsky, Albert Goldman, James P. Cannon, Farrel Dobbs, Sam Gordon (SWP, la sezione Usa), Richardson (WPC, la sezione canadese) Nick Origlasso e Grandiso Munis (sezione spagnola), Jean Van Heijenoort, Walter Held, Otto Schussler (IKD, la sezione tedesca) e trasferì la propria sede negli Usa.
Il manifesto, di notevole importanza teorica, si pone in stretta continuità con il filo rosso dell’analisi di Lenin della prima guerra imperialista: “la guerra attuale – la seconda guerra imperialista- non è un caso; non è il risultato della volontà di questo o quel dittatore. E’ stata prevista molto tempo fa. Essa trae le sue origini inesorabilmente dalle contraddizioni degli interessi internazionali dei capitalisti”.
Nella prima parte vengono analizzate le cause generali e immediate della guerra in corso, i conflitti imperialistici tra le potenze emergenti della Germania, Giappone e Stati Uniti d’America, il ruolo dell’Italia e delle potenze imperialiste declinanti di Francia e Gran Bretagna; nella seconda parte vengono analizzate criticamente le giustificazioni ideologiche della guerra da parte delle diverse potenze in conflitto: la “difesa della patria”, un tema su cui già “il Manifesto del partito comunista proclamava che i proletari non hanno patria. Loro unico scopo è la creazione della patria dei lavoratori che abbraccia il mondo intero”, la difesa della patria in questo contesto acquisisce ancora di più un significato reazionario; la “lotta per la democrazia” è altrettanto ipocrita: “il governo britannico ha aiutato Hitler e la sua banda di macellai a prendere il potere”, mentre “le democrazie imperialiste sono in realtà le più grandi aristocrazie della storia. L’Inghilterra, la Francia, l’Olanda, il Belgio si reggono sull’asservimento dei popoli coloniali. La democrazia degli Stati Uniti d’America si basa sull’appropriazione dell’enorme ricchezza di un intero continente”; la “lotta per l’unificazione nazionale” rappresenta l’altra “menzogna” dal momento che “Hitler sta trasformando lo Stato nazionale in uno Stato di molte nazioni, calpestando la libertà e l’unità degli altri popoli”. Non meno menzognere sono le posizioni pacifiste di quei settori della piccola borghesia, soprattutto statunitense, che pretende di “fermare la marea con una scopa”, attraverso “articoli giornalistici e risoluzioni pacifiste”. La Quarta Internazionale afferma che “la vera lotta contro la guerra significa lotta di classe contro l’imperialismo e la denuncia spietata del pacifismo piccoloborghese. Solo la rivoluzione può impedire alla borghesia americana di intervenire nella seconda guerra imperialista o di iniziare la terza guerra imperialista”.
Il testo continua analizzando l’alleanza di Stalin con Hitler, che ha ridotto in schiavitù il popolo polacco, come frutto della debolezza dell’Urss e del panico del Cremino di fronte alla Germania. Dopo aver sottolineato che la Quarta Internazionale “può difendere l’Urss solo attraverso i metodi della lotta di classe rivoluzionaria”, il testo continua ricordando la necessità di “insegnare correttamente ai lavoratori a capire il carattere di classe dello Stato –imperialista, coloniale, operaio- e le relazioni reciproche tra loro, così come le contraddizioni interne ad ognuno, li mette in grado di trarre le conclusioni pratiche corrette in ogni diversa situazione”. Pertanto “la difesa dell’Urss coincide da un punto di vista di principio con la preparazione della rivoluzione proletaria mondiale. (…) Ma la rivoluzione mondiale porta con sé l’inevitabile eliminazione dell’oligarchia del Cremlino. (…) La preparazione del rovesciamento rivoluzionario della casta dominante di Mosca è uno dei principali compiti della Quarta Internazionale”.
Nel contempo la dialettica delle contraddizioni mondiali, acutizzate dalla guerra, permette di stabile un nesso tra “le enormi difficoltà e pericoli per i centri metropolitani imperialisti” e l’apertura di “vaste possibilità ai popoli oppressi”. In questi paesi “la lotta per uno Stato nazionale indipendente e conseguentemente la “difesa della patria”, è diversa dal punto di vista di principio da quella dei paesi imperialisti”. La Quarta Internazionale pertanto “dà un sostegno incondizionato alla lotta della Cina o dell’India per l’indipendenza nazionale (…). Allo stesso tempo (…) avvisa apertamente le nazioni arretrate che i loro tardivi Stati nazionali non possono più contare su uno sviluppo democratico indipendente (…). L’indipendenza di uno Stato arretrato inevitabilmente sarà semifittizia, e il suo regime politico, sotto l’influenza delle contraddizioni di classe interne e della pressione esterna, inevitabilmente cadrà nella dittatura contro il popolo (…). La lotta per l’indipendenza nazionale delle colonie è, dal punto di vista del proletariato rivoluzionario, solo uno stadio transitorio sulla strada verso il coinvolgimento dei paesi arretrati nella rivoluzione socialista internazionale”. In questo quadro vengono affrontati i compiti della rivoluzione in Cina, India e America Latina dove è necessario rafforzare le sezioni nazionali.
Dopo aver sottoposto a una stringente analisi critica le organizzazioni riformiste, socialdemocratiche e staliniste, anarchiche e centriste, come il Poum che nella rivoluzione spagnola ha giocato un ruolo “tragico e patetico”, il manifesto richiama i compiti della Quarta Internazionale che si basano “completamente e con ardore sulle fondamenta della tradizione rivoluzionaria del bolscevismo e sui suoi metodi organizzativi (…), e quindi la necessità di costruire un’organizzazione centralizzata che raggruppi l’avanguardia del proletariato, una organizzazione “saldata da una disciplina di ferro, una vera selezione di rivoluzionari temprati, pronti al sacrificio di sé, ispirati da una invincibile volontà di vittoria”.
Nel contempo si mette in evidenza come “in condizioni di reazione trionfante, di delusione e di stanchezza delle masse, in una atmosfera avvelenata dalla perversa decomposizione delle organizzazioni tradizionali della classe, nel bel mezzo di ostacoli e difficoltà accumulati, lo sviluppo della Quarta Internazionale necessariamente avanza lentamente. Dei tentativi isolati, e a prima vista più ampi e più promettenti, di unificare la sinistra sono stati intrapresi più di una volta da centristi che disprezzano i nostri sforzi. Tutti questi tentativi pretenziosi, tuttavia, si sono ridotti in polvere (…). Negli ultimi vent’anni, è vero, il proletariato ha subito una sconfitta dopo l’altra, ognuna più grave della precedente, ha perso fiducia nei suoi vecchi partiti, ed è andato incontro alla guerra indubbiamente con uno spirito demoralizzato. Non si dovrebbe, tuttavia, esagerare la stabilità e la durata di questi umori. Gli eventi li creano, gli eventi li distruggeranno (…). Senza dubbio la guerra scrollerà via anche l’apatia delle generazioni più vecchie”.
La guerra accelera enormemente lo sviluppo politico, pertanto ritornerà con urgenza la questione della direzione, la necessità di prepararsi per lunghi anni di crisi, guerra e insurrezioni, separate le une dalle altre da fasi di tregua, “la conclusione è semplice: è necessario portare avanti il lavoro di educazione e di organizzazione dell’avanguardia proletaria con decuplicata energia”.
La Quarta Internazionale anche di fronte alle truppe tedesche che avanzano verso Parigi respinse la proposta, avanzata da circoli piccoloborghesi di costruire un blocco delle forze democratiche contro il fascismo tedesco. Se per queste forze “il proletariato rimane sempre uno strumento ausiliario di questa o quella frazione della borghesia” , il compito della Quarta Internazionale non è quello di sostenere “una parte del sistema imperialista contro un’altra ma porre fine al sistema nel suo insieme”.
“Noi non siamo pacifisti. No. Siamo rivoluzionari. E sappiamo cosa ci aspetta”. Scrive Trotsky il 25 ottobre 1939 nell’articolo “L’autodifesa operaia10” dando indicazione ai militanti di “usare i preparativi del governo per la guerra per dare una formazione, sui problemi militari, al numero più vasto possibile di membri del partito e sindacalisti da loro influenzati (...). La classe operaia deve istruirsi sui problemi militari affiche esca dai suoi ranghi il maggior numero possibile di ufficiali”. Questi contenuti furono ripresi nel manifesto approvato dalla Conferenza, dove veniva rilevato come “tutte le grandi questioni saranno decise nella prossima epoca con le armi in mano”, per questo il militante bolscevico deve imparare “ad usare un fucile, una bomba a mano, una mitragliatrice, un cannone, un aereo, un sottomarino, e gli altri strumenti di guerra”. Nel contempo si sottolinea come “Questa guerra non è la nostra guerra (…). La Quarta Internazionale non costruisce la sua politica sulle fortune militari degli Stati capitalisti ma sulla trasformazione della guerra imperialista in una guerra dei lavoratori contro i capitalisti, sul rovesciamento delle classi dominanti di tutti i paesi, sulla rivoluzione socialista mondiale”. Lev Trotsky verrà assassinato tre mesi dopo la Conferenza, il 20 agosto 1940, da un sicario di Stalin. Il Segretariato Internazionale pertanto sarà composto da Van Heijenoort e da Bert Cochran.
Nel 1942 dopo l’arresto dei trotskisti di Marsiglia si interrompe anche il contatto con la Francia, mentre numerosi militanti trotskisti cadevano per mano di nazisti e stalinisti.
In Urss nei campi di concentramento i bolscevico-leninisti furono massacrati a colpi di mitragliatrice, con loro tutti i dirigenti dell’Opposizione (Sosnovskij, Solntsev, Dingelstedt, Rakovskij, Muralov, ecc), così il trotskismo fu schiacciato dove era nato. La Gpù di Stalin svolse il medesimo incarico in Europa, in particolare in Spagna, dove trovarono la morte il tedesco Moulin, il ceco Erwin Wolf (N. Braun), l’austriaco Kurt Landau; a Parigi venivano assassinati Leon Sedov, figlio di Trotsky, e il tedesco Rudolf Klement, a Losanna il polacco Ignace Reiss. Quando non agivano direttamente gli agenti della Gpù, agivano i loro incaricati all’interno dei partiti stalinisti, così veniva assassinato il dirigente trotskista italiano Pietro Tresso (Blasco), fucilato da una squadra partigiana del PCF, previa consultazione con la direzione stalinista italiana; in Jugoslavia Tito faceva assassinare Slobodan Marculic e i trotskisti belgradesi; in Cina Mao Tse-Tung faceva assassinare il trotskista Chu Li-Ming; in Vietnam Ho Chi-Minh faceva assassinare Ta Thu-tau. I nazi-fascisti assassinarono in Germania Marcel Widelin, organizzatore della cellula clandestina nella Wehrmacht e redattore del giornale “Arbeiter e Soldat” e un antico membro del PC tedesco, Werner Scholem; l’ex segretario generale del PC greco, Pantelis Pouliopoulos; il segretario del POI francese, Marcel Hic; il belga Abraham Leon; Henryk Sneevlit e tutta la direzione del RSAP olandese; Leon Usoil, antico dirigente del CC del PC belga; i giapponesi assassinarono il dirigente del trotskismo cinese, Chen Chi-Chang.
Non meno dura è stata la repressione democratica: negli Usa nel 1941 attraverso la legge Voorhis veniva proibita alle organizzazioni operaie statunitensi qualsiasi associazione internazionale, nel contempo 18 dirigenti del SWP e 504 militanti sindacali di Minneapolis furono accusati di propaganda rivoluzionaria contro la guerra e condannati da 12 a 18 mesi di carcere; in Gran Bretagna, nel 1944 a seguito della partecipazione del Workers Revolutionary Party alla direzione e partecipazione agli scioperi operai, il governo di Churchill processa la direzione del WRP e incarcera tre suoi membri; anche il governo svizzero partecipava all’arresto dei militanti trotskisti.
Durante la guerra nel complesso le diverse sezioni mantennero la linea politica indicata nel Manifesto del 1940, solo la sezione tedesca, IKD, in un documento del 19 ottobre 1941, Tre tesi, propose una tappa intermedia, equivalente alla rivoluzione democratica, e l’integrazione nei movimenti di liberazione nazional-democratici.
La partecipazione delle sezioni della Quarta Internazionale alla resistenza europea era finalizzata da un lato a salvaguardare l’indipendenza politica ed organizzativa del proletariato contro la politica traditrice delle direzioni riformiste, socialdemocratiche e staliniste, che sottomettevano la classe operaia alla borghesia, cosiddetta progressista, nei Fronti di liberazione nazionale –formati da partiti socialdemocratici, stalinisti, liberali e perfino monarchici- e all’imperialismo “democratico” in funzione della successiva formazione di governi di Fronte popolare; dall’altro lato ad imprimere uno sbocco internazionalista e socialista alla crisi rivoluzionaria degli anni 1943-1945 e a questo scopo garantire una direzione comunista rivoluzionaria al movimento di massa.
Nel 1943, nel momento in cui Stalin sciolse la Terza Internazionale, si formò un segretariato europeo della IV Internazionale, che nel 1944 riunì una Conferenza delle sezioni europee.
La sconfitta della Germania nazista vedeva lo stalinismo uscire rafforzato dalla guerra mondiale. I maggiori partiti stalinisti europei (KKE di Grecia, il PCI d’Italia, il PCF di Francia, ecc) praticavano la stessa strategia politica di “grande alleanza antifascista” con i partiti borghesi, di assenza di critica del capitalismo e di denuncia dell’imperialismo democratico, mentre le organizzazioni trotskiste erano troppo deboli per contrastare l’egemonia della direzione stalinista nella classe operaia.
I primi anni del dopoguerra
La Quarta Internazionale si attendeva una crisi rivoluzionaria come conseguenza della guerra e riteneva che le forze riformiste, socialdemocratiche e staliniste, non avrebbero avuto la forza di deviare la crisi rivoluzionaria verso uno sbocco democratico borghese.
La crisi rivoluzionaria, come era stato previsto nei documenti della Quarta Internazionale, scosse gran parte dell’Europa tra il 1943-1945, movimenti insurrezionali investirono la Jugoslavia, l’Albania, la Grecia, l’Italia, la Francia, il Belgio e la Polonia, mentre un vasto movimento di resistenza interessava la Danimarca, la Norvegia e l’Olanda, anche nei paesi dipendenti, soprattutto l’Asia, soffiava il vento della rivoluzione. Ma la direzione del movimento operaio, popolare e contadino rimase saldamente nelle mani dei riformisti, stalinisti e socialdemocratici. Proprio a partire dall’esperienza italiana Felix Morrow e Jean van Heijenoort, della sezione statunitense, ritenevano possibile il rafforzamento dello stalinismo e per contrastarne l’influenza nella classe proposero di inserire le parole d’ordine democratiche (l’assemblea costituente) tra le rivendicazioni transitorie, ma queste riflessioni e proposte non furono accolte dal SWP.
La prima Conferenza Internazionale dopo la guerra si svolse a Parigi dal 3 al 5 marzo 1946 e riunì una trentina di delegati provenienti da dieci sezioni (Francia, Germania, Belgio, Spagna, Irlanda, Svizzera…..). L’ordine del giorno della Conferenza prevedeva l’adozione di un Manifesto, una nuova risoluzione “La nuova pace imperialista e la costruzione dei partiti della Quarta Internazionale”, l’elezione del Comitato Esecutivo Internazionale (CEI) e del Segretariato Internazionale (SI). Del movimento facevano parte alcuni partiti con un migliaio di militanti (SWP negli Usa, Lanka Sama Samaya Party (LSSP) di Ceylon-Sri Lanka), un certo rafforzamento c’era stato anche in India e America Latina, ma nel complesso la Quarta Internazionale non aveva conseguito un’influenza di massa. Il Manifesto conferma l’analisi sulla natura imperialista della guerra, distinguendosi pertanto dall’analisi corrente dello stalinismo, dei socialdemocratici e dei liberali che analizzano la guerra come scontro mondiale tra democrazia e fascismo.
La risoluzione presentava una articolazione di analisi e rivendicazioni democratiche, parziali e transitorie: per l’Europa occidentale si proponevano un’insieme di rivendicazioni politiche (ritiro delle truppe alleate, diritti democratici, abolizione della monarchia, scioglimento dell’esercito, creazione delle milizie operaie) e socio-economiche (scala mobile dei salari, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, nazionalizzazione delle fabbriche, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori, pianificazione dell’economia), nella prospettiva del governo operaio; per l’Urss si prospettava la rivoluzione politica così come indicata nel programma del 1938, successivamente nel giugno del 1946 il CEI rivendicherà il ritiro delle truppe dell’Urss che occupavano l’Europa orientale; per i paesi coloniali e semicoloniali venivano confermate le rivendicazioni del 1938. Nessuna fiducia era posta nella borghesia nazionale, mentre si sottolineava l'importanza dell’indipendenza e della direzione politica del proletariato, in alleanza con le masse contadine, per assicurare la vittoria della rivoluzione, il governo operaio e contadino, la liberazione dall’imperialismo e il socialismo. In questa prospettiva le rivendicazioni democratiche (indipendenza nazionale, assemblea costituente) dovevano essere strettamente intrecciate alle rivendicazioni sociali ed economiche (programma agrario, controllo delle fabbriche, ecc), infine veniva riaffermata la centralità della costruzione dei comitati operai e contadini (i soviet) quale base di classe del governo operaio e contadino. Infine la classe operaia dei paesi imperialisti viene chiamata a sostenere i processi rivoluzionari nei paesi dipendenti.
La Conferenza del 1946, pur mantenendosi sul terreno dei principi del marxismo rivoluzionario, effettua un grave errore di metodo nell’analisi del dopoguerra, utilizzando un criterio che possiamo definire oggettivista, meccanicista e non dialettico. Infatti per difendere un’analisi di un’altra fase, quella del 1938, ritiene che “non vi è alcun motivo di supporre che ci troviamo di fronte a una nuova era di sviluppo e stabilizzazione capitalista”, ma di “stagnazione e recessione” in economia e di riduzione degli spazi democratici nei paesi imperialisti sul piano politico, mentre permane attuale la prospettiva di una terza guerra mondiale. Un altro errore di valutazione veniva fatto in relazione allo stalinismo, infatti non si coglieva il suo rafforzamento e viceversa si riteneva che “l’Urss e la burocrazia sovietica sono entrati in una fase critica della loro esistenza”. Date queste premesse la Conferenza poteva giudicare la situazione estremamente “favorevole per la costruzione di partiti della Quarta Internazionale in tutti i paesi”.
In realtà il quadro politico vedeva il rafforzamento delle forze controrivoluzionarie: la crisi rivoluzionaria del 1943-1945 veniva strangolata dall’azione congiunta dello stalinismo, che praticava la politica di collaborazione di classe con la borghesia, e delle potenze imperialiste. Gli accordi di Yalta tra l’Urss di Stalin e le potenze imperialiste confermavano lo strangolamento della rivoluzione mondiale e la conseguente divisione del mondo in zone d’influenza.
In questo quadro si inserisce la repressione effettuata nel 1946 dalle truppe imperialiste britanniche dell’insurrezione partigiana greca, un’insurrezione tardiva e con una direzione priva di prospettiva dopo che il Partito comunista greco (Kke), in linea con lo stalinismo mondiale, nel 1944-1945 aveva costruito l’Eam11 come fronte di collaborazione di classe, persino più ampio del Cln italiano, alleato con i monarchici, la gerarchia religiosa e subordinato all'imperialismo inglese. Nello stesso periodo in Italia e in Francia venivano varati governi di Fronte popolare: Palmiro Togliatti, segretario del Pci, assumeva l’incarico di ministro del governo Badoglio, ex generale fascista; Thorez, segretario del Pcf, assumeva la vicepresidenza del governo De Gaulle.
Le forze della Quarta Internazionale erano troppo deboli per svolgere un ruolo decisivo nei processi sociali e politici dell’immediato dopoguerra, anche se c’era stato un certo rafforzamento del PCI, la sezione francese, e del PCR, la sezione britannica, che avevano raggiunto alcune centinaia di militanti.
Ma soprattutto era cambiato il quadro economico, la distruzione delle forze produttive provocate dalla guerra permetteva al sistema capitalistico mondiale di superare la crisi del 1929 e avviare il ciclo espansivo del dopoguerra. Gli Stati Uniti d’America uscivano rafforzati dalla guerra e grazie ai capitali accumulati con la produzione di guerra riversarono ingenti somme di denaro (Piano Marshall) in paesi come Germania, Italia, Francia… per finanziare un massiccio programma di ricostruzione e così metterli in grado di assorbire le esportazioni statunitensi. La burocrazia stalinista invece di perire si rafforzava ed estendeva il suo sistema nei paesi dell’Europa orientale e poi in Cina.
Tra le sezioni della Quarta Internazionale solo il PCR britannico aveva proposto un’analisi più realistica della prospettiva economica e sociale del capitalismo.
Il Comitato Esecutivo Internazionale uscito dalla Conferenza era costituito da esponenti provenienti da diverse sezioni: 2 francesi, 4 dal Nord America, 2 britannici, 1 italiano, 1 spagnolo, 1 tedesco, 1 belga, 1 vietnamita, 1 per il Sud America, furono inoltre eletti dei supplenti olandesi, svizzeri, indiani e cinesi.
Il Segretariato Internazionale, la cui sede verrà trasferita a Parigi, era composto dai compagni Sam Gordon (Usa), Sherry Mangan (Usa), Frank (Francia), Jimmy Deane (Gran Bretagna) e Pablo (Michael Raptis). Quest'ultimo veniva eletto segretario dell’Internazionale.
Questo gruppo dirigente porterà la Quarta Internazionale al Secondo Congresso Mondiale, svoltosi a Parigi dal 2 al 21 aprile 1948, a cui parteciparono 50 delegati di 22 organizzazioni, provenienti da 19 paesi.
Il Congresso del 1948 ha discusso e approvato i seguenti documenti: “La situazione mondiale e i compiti della IV Internazionale; L’Urss e lo stalinismo; La lotta dei popoli coloniali e la rivoluzione mondiale”.
Il Secondo Congresso Mondiale mantiene nelle linee essenziali l’analisi catastrofista e meccanicista del 1946, una analisi contestata da Jack Haston e Bill Hunter della sezione britannica, appoggiati da Nahuel Moreno, delegato del Gruppo Operaio Marxista (GOM) argentino, e dal palestinese Dan. Dopo aver aggiornato l’analisi della situazione economica degli Usa, paese in cui la “borghesia si è immensamente arricchita” e dove tale rafforzamento permette all’imperialismo statunitense di “raggiungere i suoi obiettivi con mezzi pacifici” e così allontanare la terza guerra mondiale, valuta l’economia mondiale ancora aperta ad “un nuovo periodo di equilibrio instabile”. Proprio tale condizione di “crisi accentuata del capitalismo minaccia di condurre nuovamente al fascismo e alla guerra (…) prima che abbia raggiunto una stabilità relativa”. Soprattutto il rischio di una svolta reazionaria era considerato alto in Francia e in Italia, mentre la guerra mondiale avrebbe assunto la natura di “guerra civile internazionale”. Questo concetto ritornerà tre anni dopo, al Terzo Congresso Mondiale, come parte integrante della svolta politica centrista di Pablo.
Il Secondo Congresso conferma l’opposizione ai governi di Fronte popolare, sia quelli che presentano nella maggioranza forze borghesi, sia quelli che benché costituiti da partiti dei lavoratori non rompono con la borghesia. A questi partiti operai la Quarta Internazionale chiede di “rompere con la borghesia” e costituire un vero governo operaio poggiato sulle solide basi della “mobilitazione delle masse rivoluzionarie, al di là del quadro della legalità borghese”. In continuità con le precedenti deliberazioni sulla questione coloniale viene confermato il giudizio sulla borghesia nazionale, sottolineando come “la seconda guerra mondiale ha ridotto praticamente a zero le velleità di lotta antimperialista delle borghesie coloniali e semi-coloniali”, anzi tale borghesia “non si mostra pronta a condurre la lotta che per mettersi a disposizione di un imperialismo più solido” , proprio per il declino di alcune potenze coloniali e il passaggio dei loro domini ad altre potenze. Infine viene ribadito che “nei paesi coloniali e semicoloniali il compito generale è di lottare per l’espropriazione e il rovesciamento dell’imperialismo, per l’indipendenza e l’autodeterminazione nazionale di ogni paese e nazionalità coloniale oppressa” nella prospettiva della dittatura del proletariato. In riferimento alla burocrazia dell’Urss il giudizio è chiaro, si tratta di una forza reazionaria, “nemico principale delle conquiste dell’Ottobre”, che ha operato ed opera per strangolare la rivoluzione in Europa, pertanto l’obiettivo rimane il rovesciamento della burocrazia stalinista attraverso la rivoluzione politica, guidata dalla sezione sovietica della Quarta Internazionale. L’unica forma di difesa dell’Unione sovietica “è la lotta rivoluzionaria di ogni proletariato contro la propria borghesia, è la lotta per spezzare tutti gli ostacoli alla rivoluzione socialista, anche quando sono formati dalle truppe di occupazione russa”, nel complesso la prospettiva è ottimista e si continua a prevedere un prossimo crollo dello stalinismo. Il giudizio sui partiti stalinisti fuori dall’Urss è che “sono diventati organizzazioni la cui unica funzione è quella di servire le manovre diplomatiche della burocrazia dell’Unione sovietica“. Si tratta di un’analisi giusta ma insufficiente in quanto sottovaluta la natura della burocrazia stalinista che si è formata nei diversi partiti nazionali, essa non solo è subordinata alle manovre diplomatiche del Cremlino, ma è nel contempo portatrice di una politica di collaborazione di classe nel proprio paese. Questo quantomeno dalla adozione al Settimo Congresso della Terza Internazionale, nel 1934-1935, della politica dei Fronti popolari, sulla base di una prospettiva che ha come punto di riferimento il modello del sistema stalinista. Proprio questo deficit di analisi dialettica ha posto le basi per un adattamento da parte della maggioranza pablista ai partiti stalinisti che hanno rotto con il Cremlino, a partire proprio dal Partito Comunista Jugoslavo.
Il Secondo Congresso conferma gli errori e i limiti di metodo presenti nella Conferenza del 1946, ma sopratutto non affronta i cambiamenti che si andavano configurando nell'Europa dell'Est e in Jugoslavia, così come gli sviluppi della Rivoluzione in Cina. Nel complesso, malgrado questi limiti, l’Internazionale comunque si manteneva nel solco del marxismo rivoluzionario.
L’inizio della deriva centrista
Nella deriva centrista dell’Internazionale un ruolo centrale ha avuto la nuova concezione teorica elaborata da Michael Raptis (Pablo), una concezione oggettivistica che sottovaluta il ruolo decisivo del fattore soggettivo, cosciente, nei processi rivoluzionari. Mentre il pablismo rinuncia alla concezione leninista del partito, Mandel apporterà a questa concezione l’elemento impressionista.
Il periodo tra il Secondo e il Terzo congresso dell’Internazionale (1948-1951) è particolarmente denso di avvenimenti storici (estensione del modello stalinista nei Paesi dell’Europa orientale occupati dall'Urss, rivoluzione jugoslava, rivoluzione cinese, guerra di Corea). Il giudizio dato a questi avvenimenti dalla direzione pablista avrà un impatto decisivo sull’evoluzione successiva della Quarta Internazionale.
Il 28 giugno 1948 il Cominform12 espelleva il Partito comunista jugoslavo (Pcj), un partito stalinista che sulla base di un programma di riforma agraria e indipendenza nazionale assunse la direzione della resistenza jugoslava e costruì un esercito, prevalentemente a composizione contadina, sostenuto da una rete di comitati popolari.
A partire dal 1943 l’esercito di Josip Bronz Tito era stato sostenuto prima dagli imperialisti angloamericani e, successivamente, dall’Urss. Nei negoziati tra questi, la Jugoslavia era stata assegnata all’area di influenza sovietica a condizione che il capitalismo fosse stato mantenuto, anche se nel corso della guerra lo Stato borghese era stato distrutto e nelle aree sotto controllo dell’esercito stalinista gran parte dei settori industriali vennero nazionalizzati. Nel 1944 Stalin e Churchill si erano accordati perché lo stalinista Tito e il nazionalista Subasitch firmassero un accordo per una Jugoslavia “democratica e federale”, infatti fino al 1945 la Jugoslavia è stata guidata da un governo di coalizione. Dopo il fallimento del governo di Fronte popolare, il Pcj appoggiandosi sull’esercito contadino assunse tutto il potere e nel biennio 1946-1947 procedette nella espropriazione della borghesia jugoslava, ma non prima di aver smobilitato le masse e burocratizzato i “comitati popolari”. Nel 1947 verrà elaborato il primo piano quinquennale e costruito un sistema economico e politico che riprendeva il modello del regime stalinista. Il successivo tentativo di estendere la federazione all’Albania ha provocato la forte ostilità di Stalin che temeva la formazione di una forte ed autonoma Federazione Socialista dei Balcani.
Nel 1949 la rottura tra Mosca e Belgrado si approfondisce, il Pcj è costretto ad adottare una politica economica indipendente proprio nel momento in cui avviava una politica di collettivizzazione forzata (il numero delle cooperative passano da 1300 nel 1948 a 7000 nel 1951). Il Segretariato Internazionale della Quarta Internazionale il 5 ottobre 1949 giudica la rottura del Pcj con l’Urss di Stalin come l’inizio di una evoluzione centrista di sinistra, un ritorno seppur contraddittorio verso il leninismo.
All’ottavo plenum del Comitato Esecutivo Internazionale del 26-30 aprile 1950 vengono presentate due risoluzioni, una di Mandel e una di Plabo. La prima afferma che dopo la rottura con il Cremlino e “la mobilitazione delle masse jugoslave da parte del Pcj per la difesa e il completamento delle conquiste della rivoluzione proletaria” la Jugoslavia è divenuta uno Stato operaio segnato da distorsioni, questa risoluzione ottenne un solo voto, la seconda risoluzione, sostenuta dalla maggioranza del CEI, afferma che nel periodo 1946-1948 la Jugoslavia si è costituita come Stato operaio, di dittatura del proletariato, caratterizzato dalla lotta “contro il pericolo di degenerazione burocratica della rivoluzione, di espansione della Democrazia socialista”. Pertanto secondo Pablo, e con lui la maggioranza del CEI, il Pcj era stato in grado di dirigere una trasformazione socialista e internazionalista, mentre in realtà il Pcj non aveva rotto con lo stalinismo, ma solo con il Cremlino. Date queste premesse, Pablo ritiene possibile guadagnare il Pcj alla Quarta Internazionale, ma la direzione burocratica del Pcj ben presto delude queste speranze quando, per instaurare relazione commerciali con l’imperialismo, si astiene all’ONU rispetto all’intervento militare dell’imperialismo Usa contro la Corea.
Nella discussione del 1949 sulla natura dei Paesi dell’Europa orientale, dopo l’occupazione delle truppe sovietiche, emersero due giudizi di analisi: Mandel e Cannon sostenevano che i paesi dell’Europa orientale continuavano ad essere paesi capitalisti, ritenendo che solo un’analisi approfondita delle classi antagoniste, dei mezzi e delle organizzazioni coinvolte nello scontro, poteva permettere un giudizio qualitativo di merito; Pablo, e con un diverso metodo di analisi Hansen, riteneva che l’esproprio della borghesia aveva portato alla costituzione di nuovi stati operai, seppur deformati. Pablo, utilizzando un metodo di analisi empirico-statistico, riteneva che quando in un paese la gran parte delle imprese venivano statalizzate si veniva a costituire uno Stato operaio. In realtà quello che si verificava nei paesi dell’Europa dell’Est non era un fenomeno del tutto nuovo, proprio all’inizio della guerra, i paesi baltici (Lituania, Estonia) avevano subito l’assimilazione strutturale all’Urss e la distruzione burocratica del capitalismo.
Alla fine della seconda guerra mondiale l’occupazione militare dei paesi dell’Europa orientale da parte dell’esercito di Stalin aveva provocato il saccheggio delle loro forze produttive (il 70% dei macchinari industriali furono rimossi e trasportati in Urss). Nel contempo nei paesi occupati la burocrazia stalinista operava per soffocare la mobilitazione indipendente dei lavoratori e dei contadini. L’obiettivo di Stalin era infatti di preservare il capitalismo e creare degli Stati cuscinetto tra l’Urss e i paesi imperialisti, e per questo obiettivo intendeva utilizzare i governi di collaborazione di classe a cui partecipavano i ricostituiti partiti socialista e comunista.
Di fronte all’offensiva politica statunitense, che servendosi del Piano Marshall esercitava una forte pressione sui governi europei, la burocrazia dell’Urss reagisce, da un lato perché non poteva permettere l'esistenza ai suoi confini occidentali di regimi apertamente ostili, dall'altro lato perché non poteva condividere il potere con la borghesia di quei paesi. Pertanto, dopo aver liquidato l’apparato dello Stato borghese, ha proceduto alla liquidazione del capitalismo per via militar-burocratica, quindi senza mobilitazione delle masse, e per questa via ha avviato la costruzione di regimi di tipo stalinista.
Il dibattito nell’Internazionale sulla natura di classe dei paesi dell’Europa orientale si è prolungato fino al Terzo congresso, la discussione verteva sulla possibilità di liquidare il capitalismo senza assimilazione strutturale, dato che i diversi paesi mantenevano una formale indipendenza, e soprattutto senza la mobilitazione delle masse. Mandel e Cannon alla fine riconobbero che nei paesi dell’Europa orientale erano sorti degli stati operai deformati. Non c’è dubbio che questo accrebbe il prestigio di Pablo, al di là del metodo utilizzato, un metodo che avrebbe avuto gravi conseguenze in futuro.
Il settimo plenum del CEI dell’aprile 1949 si interroga sul “movimento contadino sotto direzione stalinista” in Cina, ritenendo che questo non possa seguire l’esempio jugoslavo. Mao Tse Tung aveva dichiarato nel novembre del 1949 che l’alleanza costituita un anno prima con il Comitato rivoluzionario del Kuomindang (diretto da Li Jishen, carnefice della Comune di Canton nel 1927) e la Lega democratica aveva il compito di costruire un sistema di Nuova Democrazia, un sistema capitalistico in cui lo sviluppo della borghesia nazionale si coniugava con la politica di sostegno alle condizioni di esistenza del popolo. La guerra di Corea e l’intervento statunitense in Asia impressero una accelerazione ed un approfondimento alla rivoluzione cinese. La burocrazia maoista liquida il capitalismo cinese ed istaura un regime stalinista. Nel dicembre del 1952 circa mille trotskisti cinesi furono arrestati, tra cui Zheng Chaolin. Zheng aveva aderito al PCC nel 1922, dopo l’arresto da parte della polizia di Mao è rimasto in prigione per ventisette anni, nel 1945 scrisse un saggio sui primi anni del PCC e sul movimento trotskista cinese dal titolo “Chen Duxiu e i trotskisti”. Finita la guerra di aggressione imperialista alla Corea, il paese asiatico fu diviso in due con la Corea del Nord a regime stalinista.
Il dibattito sugli eventi del dopoguerra ci permette di precisare e differenziare lo Stato operaio uscito dalla rivoluzione d'ottobre dagli Stati operai burocraticamente degenerati (l’Urss di Stalin) o deformati fin dall’inizio (Europa dell’Est, Jugoslavia, Cina, Corea del Nord, Cuba, Vietnam...). Nel primo caso il potere politico è nelle mani della classe operaia che lo esercita attraverso i soviet e il suo partito. Negli altri casi il proletariato è oppresso e schiacciato, il potere politico è in mano alla burocrazia, mentre è compiuto l’esproprio della borghesia, la distruzione dei rapporti capitalistici di produzione e dello Stato borghese. Come vedremo il pablismo negherà questa differenza qualitativa.
Di particolare importanza per l’evoluzione successiva della IV Internazionale è stato il IX Plenum del CEI riunitosi dal 27 novembre al 1 dicembre del 1950. Nel documento “Tesi sulle prospettive internazionali e sull’orientamento della Quarta Internazionale” il tema della guerra mondiale ritorna centrale. In esso si afferma che “l’imperialismo ha avviato la preparazione accelerata, militare e politica, di una nuova guerra mondiale (…), ritenendo ineluttabile la trasformazione della guerra mondiale “in guerra civile”. Le recenti esperienze in Jugoslavia, Cina e Corea vengono portati ad esempio di come “alcuni partiti comunisti possono, al di fuori della rigorosa subordinazione alla burocrazia sovietica, delineare un orientamento rivoluzionario”. La Quarta Internazionale pertanto doveva “prestare una maggiore attenzione alla evoluzione dei PC con influenza di massa”.
Nel numero di febbraio/marzo 1951 della rivista “IV Internazionale” Michael Pablo scrive un articolo, “Dove andiamo?”, un vero e proprio manifesto, la base teorica della svolta centrista e della rinuncia alla costruzione della Quarta Internazionale come Partito Mondiale della Rivoluzione Socialista. L’articolo si concentra su quattro questioni: la natura della prossima guerra, le sue conseguenze, l’orientamento dell’Internazionale, la transizione al socialismo. L’articolo pone in essere un nuovo paradigma, una nuova concezione che sostituisce la lotta di classe con una distinzione politico-geografica, scrive Pablo, “la realtà sociale obiettiva, per il nostro movimento, è composta essenzialmente dal regime capitalistico e dal mondo staliniano. Pertanto, ci piaccia o no, questi due elementi costituiscono, semplicemente, la realtà obiettiva, perché la stragrande maggioranza delle forze opposte al capitalismo sono attualmente dirette o influenzate dalla burocrazia sovietica”. In questo scontro la classe operaia e le masse rivoluzionarie costituiscono una forza ausiliaria, “una forza supplementare che si aggiunge alle forze materiali e tecniche che combattono l’imperialismo”, ossia all’apparato staliniano e ai partiti stalinisti.
La burocrazia stalinista nell’analisi di Pablo è destinata a svolgere un ruolo progressivo dal momento che “la trasformazione della società capitalistica in società socialista occuperà probabilmente un intero periodo storico della durata di qualche secolo”. La burocrazia stalinista non è più quella forza parassitaria e reazionaria analizzata da Trotsky, una casta controrivoluzionaria da spezzare attraverso una rivoluzione politica guidata dal partito rivoluzionario, sezione della Quarta Internazionale. Nello stesso periodo in un opuscolo dal titolo “La guerra che viene” Pablo ritiene imminente la guerra mondiale, questa avrebbe spinto soprattutto i partiti comunisti, ma anche in parte partiti socialdemocratici e nazionalisti piccolo borghesi a difendere l’Urss, passando alla guerriglia e a un duro scontro per la conquista del potere. A queste forze si sarebbero rivolte le masse, pertanto i militanti trotskisti dovevano entrare in questi partiti per raggiungere il movimento reale delle masse. Era la teorizzazione dell’entrismo sui generis, la rinuncia alla costruzione di Partiti rivoluzionari indipendenti, una concezione che non aveva nulla a che fare con la tattica entrista proposta da Trotsky negli anni trenta. L’entrismo per i marxisti rivoluzionari era una tattica di breve durata finalizzata a guadagnare la sinistra di partiti operai che si radicalizzavano, per rompere e costruire partiti marxisti rivoluzionari, l’entrismo sui generis di Pablo era una tattica elevat
Antonino Marceca
Postato 13th December 2011 da Trotskismo
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